I MONDI AI MARGINI TIPICI DEL NEO-REALISMO RITORNANO CON UN NUOVO IMMAGINARIO POP.  UN CINEMA DI STRADA CHE NON GIUDICA I SUOI PERSONAGGI SPERDUTI MA GRIDA, GIOCA, CORRE CON LORO

 

A 47 anni Sean Baker non è più uno dei registi più promettenti di Hollywood, è sicuramente tra i più entusiasmanti e vitali della sua generazione.
UN SOGNO CHIAMATO FLORIDA (
The Florida project) è l’opera che lo inserisce nell’Olimpo dei grandi, complice anche la nomination all’Oscar per il suo attore protagonista Willem Dafoe.

Il regista con l’iPhone

Nonostante avesse già 4 lungometraggi all’attivo, Sean Baker salta all’occhio e all’attenzione della critica e del pubblico nel 2015 grazie a Tangerine, presentato al Sundance Film Festival durante il quale rivelò di avere girato la storia della prostituta transgender Sin-Dee interamente con 3 iPhone 5s. Ma la condizione dettata da ragioni di basso budget si è rivelata approccio essenziale e creativo per un nuovo tipo di filmmaking.
Elettrico, divertente e innovativo,
Tangerine sbalordisce per la tensione di uno sguardo impetuoso e irrefrenabile ma anche per la sua naturalezza e l’amore per i personaggi che segue.

Neo-realismo al neon

Lo stile di Baker è infatti quasi documentaristico: la sua macchina da presa si attacca e insegue Sin-Dee o la piccola Moonee, la protagonista di UN SOGNO CHIAMATO FLORIDA. Qui, in particolare, la regia è ad altezza bambino per immergere e integrare lo spettatore nel gruppetto di pesti che si aggirano nel motel. Ma la sensazione del reale si respira naturalmente anche per i temi che Baker affronta, per i luoghi che occupa, per gli attori che sceglie.
Dando spazio all’improvvisazione all’interno di sceneggiature studiate al minimo dettaglio, il risultato è una continuazione immaginaria con il neo-realismo che diviene contemporaneo, pop, euforico, quasi fatto d’acido.

Mondi ai margini

La tavola calda di Tangerine e il motel di UN SOGNO CHIAMATO FLORIDA, e soprattutto le strade che i loro personaggi percorrono, sono vere e proprie realtà sociali in bilico, universi di emarginati vicinissimi a quelli fantastici e luccicanti di Hollywood o Disneyworld. In entrambi i casi, prima di girare Baker ha studiato profondamente le situazioni in cui si è inserito: per Un sogno chiamato Florida, per esempio, sono state necessarie delle interviste a reali gestori di motel, in cui spesso risiedono i cosiddetti “senzatetto invisibili”: un passo fondamentale per la costruzione del personaggio di Bob, interpretato magistralmente da Dafoe.
Grazie alla preparazione approfondita dei soggetti, i mondi ri-costruiti da Baker divengono in un attimo spazi abitabili anche da lontano: un cinema di strada che non giudica i suoi personaggi sperduti ma grida, gioca, corre con loro. Senza ridurli drammi didattici da cinema verité, Baker li trasforma invece in sogni. Come il cinema comanda.